Le strade che portano alla pittura: una, svagata e quasi indifferente. Sembra che la pittura, il suo linguaggio sia solo un residuo inattingibile, o aggirabile con i mezzi dell'ironia o della riflessione concettuale. L'altra strada è più ardua. Presuppone un territorio intatto e solenne, quello che ci appare nelle visite ai musei, o ci balena negli sguardi, anche distratti, alle opere del passato. Chi intraprende questa strada sa che essa è difficile, che è tortuosa e a volte addirittura aporetica. Sa che, forse, non lo condurrà a toccare quel territorio intatto, ma esso gli sta costantemente davanti agli occhi. Franca Clemente ha scelto la strada difficile e, per colmo di zelo, ha scelto anche di sottoporsi alle gerarchie tradizionali, per le quali la rappresentazione dell'uomo, della figura umana, era al vertice delle espressioni pittoriche. Immagine dell'uomo, ma sarebbe più giusto dire della donna. Il corpo femminile, la figura femminile, infatti, si accampa da protagonista in questi quadri, rappresentazione dell'autrice, ma anche memoria di una storia altra, che all'empito eroico di Achille, per esempio, contrappone la tremante e squassata voce di Cassandra. Un'immaginazione mitica presiede a questi quadri. Anche nei momenti più affidati al vero: un autoritratto, per esempio, si triplica in una moltiplicazione di sé che suscita una vertigine spaziale, come il mito suscita una vertigine temporale. Vertigine che la pittura, con serietà, affronta e risolve nella calma dell'opera.
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Ruggero Savino Pittore |
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