Franca Clemente ha una pittura forte. I quadri hanno un impianto figurativo molto costruito e, nello stesso tempo, contengono le tracce di una sfida alle convenzioni rappresentative. La sfida consiste nel modo di arrivare alla definizione ultima dell'immagine: sotto lo strato finale di pittura ve ne sono diversi altri che meraviglierebbero chi avesse l'occasione di confrontarli tra loro. Si potrebbe infatti notare come, ad un certo momento, il cromatismo possa essere giunto all'esasperazione dei timbri per poi lasciare spazio a dense stratificazioni di colore scuro o nero del tutto; il disegno iniziale, strutturato con uno sforzo compositivo che è molto mentale, può presentarsi in negativo, bianco su scuro, con segni e accenni di luci che fanno quasi desiderare che l'artista, cambiando tela, continui altrove la ricerca dei volumi e non perda quella primissima e autorevole definizione. La determinazione di Franca Clemente si rivela nella ricerca di una difficoltà che generalmente i pittori rifuggono: quando deve ripartire lo spazio attorno all'immagine, sceglie di lasciare il minimo margine libero tra la figura e il bordo della tela. La composizione, quindi, è molto studiata perché minimo è lo scarto a disposizione in caso di errore nel calcolo delle proporzioni. Invece di indulgere alla comodità di una possibile fluttuazione dei contorni, l'artista parte con il minimo di concessioni a sé stessa e alla sua creazione. Del resto, anche l'effetto artistico di una composizione così serrata è drammatico in sé, quasi la metafora di un'urgenza espressiva che deve risolversi entro un conteso che appena riesce a contenerla. Già questa circostanza aiuta a rendersi conto che la pittura per lei è cosa seria, severa quasi, un mettersi alla prova e, forse, la ricerca di quella pacificazione che segue la persuasione di aver dato tutto, indipendentemente dal risultato. Mi viene in mente un episodio biblico a suo modo emblematico della condizione umana, la lotta di Giacobbe con l'angelo. Colui che cerca il suo scopo deve tuttavia lottare con esso e, dopo aver consumato ogni energia, constatare che vittoria e sconfitta in fondo coincidono e, in vero, sbiadiscono di fronte alla scoperta che esiste qualcosa che può esigere il meglio da noi. Franca è una grande estimatrice della pittura di Lucian Freud. Di quest'ultimo ammira la potente pennellata costruttiva, senza divagazioni, asciutta, materica, ne loda anche la caparbia attrazione per il dato materiale, non importa se gradevole o scabroso. La pittrice, però, non è "freudiana" perché, a mio parere, lo scrupolo veristico (che in Freud non sembra mai sazio di assorbire lo slancio pittorico), per l'artista italiana è una garanzia di oggettività ma non il fine del suo lavoro pittorico che sembra, anzi, prendere libero corso proprio quando ha,come dire, pagato il suo debito alle regole dell'arte. Un po' come chi, volendo godere della propria libertà, si preoccupa di non lasciare conti aperti con il prossimo. Nella sua tesi di diploma all'Accademia di Belle Arti su Ruggero Savinio Franca Clemente ha disinvoltamente toccato argomenti che hanno spessore filosofico e la sua attitudine a usare la ragione per reperire il senso del vivere nel proprio tempo si trasmette, in pittura, attraverso questa non comune solidità di impianto; di sicuro, Franca non si accontenta di una soluzione fortuita, anche se felice, intende mettere alla prova la tenuta delle sue invenzioni con un esame ponderato. Certo, trovare lo snodo per passare dal regno della razionalità a quello dell'emozione è una delle esperienze più audaci che si possano fare con l'arte perché nel mezzo sta la necessità di smarrire il controllo implacabile che la consapevolezza esprime su ogni moto spontaneo per trovare la sorpresa e la libertà dello slancio creativo. Già questa sorpresa è un dono che ripaga l'artista del suo tormentoso girare attorno a mistero della forma. La forma per eccellenza misteriosa e promettente è quella umana; il nudo non è solo anatomia, è anche paesaggio, l'andamento delle membra è delicato e fuggevole come una frase musicale e altrettanto misteriosamente riconducibile all'esattezza di proporzioni, valori, qualità astratte. Sempre, come viandante, l'artista si inoltra in qualcosa più grande di sé, si perde anche nell'ammirazione, deve poi ritrovare le sue certezze per fare comunque un racconto di questa sua esperienza. Alla fine del percorso, quindi, si veste di nuovo della ragione e fa ricorso alla tecnica, al mestiere per salvare il più possibile di quella rivelazione. Franca Clemente ritrae le persone con questa disponibilità a perdersi nella vastità delle natura che esse in quel momento sono per lei: ritratti o figure che sono anche diari di viaggio nei quali gli inciampi o i momenti di grazia vanno cercati sotto la pellicola della rappresentazione intesa come immagine descrittiva. Il modo in cui si dicono le cose conta quanto i testo delle frasi stesse; questo vale molto in pittura e, forse, bisogna riabituarsi ad assaporate quella corporeità degli impasti che è altro rispetto al primo momento nel quale si riconosce un soggetto o una scena. Quest'ultimo è, infatti, solo il punto di partenza, il cosa l'artista ha detto, ma ad esso deve seguire una sensibile indagine sul come l'abbia trasmesso: con che slancio, che materia, dove ha forzato il dato naturale, dove si è tormentato per arrivare alla chiarezza, dove ha risolto tutto con un gesto sprezzante. Questo segreto discorso che corre quasi in trasparenza immediatamente al di sotto dell'immagine è spesso la vera sostanza di un dipinto ma è una storia senza testimoni e senza parole, che lo spettatore deve ricostruire con la sua sensibilità, il suo acume la sua intuizione. La pittura di Franca Clemente è un'opportunità per inaugurare questo nuovo sguardo nei confronti dell'opera d'arte. Quando essa è frutto di un intenso impegno e i dipinti nascono sotto l'urgenza della propria ""lotta con l'angelo" la temperie esistenziale trasuda al di là del dato esteriore e rende memorabili cose che forse sinora ci hanno appena sfiorato con la loro quotidianità.
|
Gianluca Tedaldi Pittore - Critico d'arte |
|